Pensare al futuro e vivere il presente: una review sull’impatto psicologico della quarantena e come ridurlo, The Lancet
Tra notizie che corrono veloci, giornate in casa che passano lentamente e la sensazione di trovarsi sospesi in un limbo, siamo giunti al mese di aprile.
Per noi italiani la quarantena è diventata una quotidianità caratterizzata dall’incertezza verso il futuro:
Come faremo a tornare alla nostra vita?
Quali conseguenze dobbiamo aspettarci da questa situazione?
Ci saranno effetti a lungo termine?
E se così fosse, come possiamo gestirli?
Le domande sono tante, come i dubbi, le difficoltà e le paure. Per questo ho deciso di parlarvi della review pubblicata sul The Lancet:
In “The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence”, vengono esaminati 24 studi svolti sugli effetti psicologici conseguenti alla situazione di quarantena.
Tali studi riguardano precedenti misure di quarantena adottate ad esempio in Cina e in Canada per lo scoppio della SARS nel 2003, o l’epidemia di Ebola avvenuta nel 2014 in Africa occidentale.
L’obiettivo è utilizzare le informazioni disponibili sull’impatto psicologico della quarantena, per tentare di rispondere alle precedenti domande. Di dati fini e se stessi ne abbiamo abbastanza!
Ma perché parlare del presente quando le domande sono per il futuro?
Anche se in questo momento il pensiero vola al futuro, non possiamo fare a meno di pensare anche al presente. Sia perché il futuro sarà condizionato da esso, come ci mostreranno i dati, ma anche perché tutto ciò che stiamo vivendo ci insegna che non abbiamo più tempo:
Stiamo imparando che non possiamo più permetterci di rimandare le cose per noi importanti e significative, perché se oggi penso di dire a quella persona che mi manca e le voglio bene, forse domani non potrò più farlo.
Il Covid-19 ci riporta alla realtà, insegnandoci che la vita è adesso.
Quali conseguenze dobbiamo aspettarci?
Rispondere a questa domanda è complesso, poiché tanti e diversi fattori potranno incidere sulle conseguenze che ognuno di noi si ritroverà a fronteggiare.
Ovviamente le conseguenze pratiche avranno un impatto importante, tuttavia è bene evidenziare che ognuno di noi è allenato ad affrontare le sfide che la vita propone, non dimentichiamolo!
Naturalmente ciò che può fare la differenza nella gestione di situazioni difficili, è come le affrontiamo, il nostro benessere psicologico.
Così in questo momento diventa prioritario prenderci cura di noi, oltre che nel corpo anche nella psiche.
Ecco allora che la review del The Lancet può aiutarci ad individuare gli elementi sociodemografici precedenti alla quarantena, che potrebbero rendere alcune persone maggiormente vulnerabili all’impatto psicologico negativo:
- Giovane età (16-24 anni)
- Basso livello di titoli di studio formali
- Genere femminile
- Essere genitori di un figlio, ma non di tre o più, poiché questo risulta essere un fattore protettivo!
- Storia di malattia psichiatrica
- Rivestire il ruolo di operatore sanitario
Questi dati, tuttavia, sono contrastanti: tali elementi vengono confermati da alcuni degli studi, ma smentiti da altri.
Ma allora cosa possiamo dedurre?
Evidenziare le condizioni che possono favorire una vulnerabilità maggiore, incide sul sostegno sociale che viene messo in atto dal governo, ma anche sul contributo che ognuno di noi può dare!
In questo momento tutti possiamo sentirci passivi ed impotenti, ma attraverso il prendersi cura degli altri possiamo prenderci cura di noi stessi:
Vivendo il momento presente possiamo essere di sostegno alle persone care pur rimanendo a distanza, immaginando chi tra i nostri conoscenti potrebbe risentire maggiormente della situazione.
Allo stesso tempo prendersi cura degli altri ci aiuta a sentirci più efficaci, a trovare uno scopo, a vivere pienamente ciò che stiamo sperimentando. Tutto ciò può aiutarci a ridurre sentimenti percepiti come negativi di isolamento, rabbia, aggressività ed estraneità.
Ci saranno effetti a lungo termine?
Gli elementi che caratterizzano la vita durante la quarantena, incidono fortemente sugli effetti che questa avrà nel periodo successivo.
Spesso sento parlare della fine della quarantena come un momento magico, idilliaco, in cui tutti usciremo per festeggiare e andare al mare, finalmente liberi e sereni.
Se da un lato, un futuro idealizzato in questo momento può aiutarci, dall’altro dobbiamo cercare di fare previsioni realistiche, in modo da equipaggiarci al meglio per affrontare ciò che realmente accadrà.
La review ci aiuta ad individuare gli elementi di stress durante la quarantena, che possono avere un impatto significativo sull’adattamento post quarantena:
Durata della quarantena: uno studio mostra che una quarantena prolungata per più di 10 giorni, si rifletteva in sintomi da stress post-traumatico più elevati, rispetto agli individui messi in quarantena per meno tempo. In generale si evidenzia che lunghi periodi di quarantena risultano associati a rabbia, comportamenti di evitamento, sintomi da stress post-traumatico e problemi di salute mentale.
Paura dell’infezione: anche qui abbiamo dati contrastanti, uno studio evidenzia che pochissimi individui erano estremamente preoccupati di contrarre l’infezione o trasmetterla, quelli che risultavano maggiormente preoccupati erano donne in gravidanza e individui con bambini piccoli. Al contrario, diversi studi riportano paura rispetto alla propria salute e paura di contagiare gli altri. Ciò avveniva in particolar modo quando questi individui manifestavano sintomi fisici potenzialmente correlati all’infezione, con una ricaduta psicologica anche mesi dopo.
Frustrazione e noia: le persone coinvolte nelle ricerche hanno ricondotto la loro sensazione di angoscia alla frustrazione dovuta al senso di isolamento dal mondo, alla noia derivante dalla perdita della normale routine, al ridotto contatto sociale e fisico con le altre persone. Ad esacerbare la frustrazione è stata la perdita delle normali attività quotidiane e sociali.
Inadeguatezza delle forniture: altra fonte di frustrazione durante la quarantena riguardava il ricevere forniture di base inadeguate, come cibo, acqua, vestiti e alloggi. Tale inadeguatezza delle forniture di base, è rimasta associata ad ansia e rebbia fino a 4-6 mesi dopo la fine della quarantena.
Informazioni inadeguate: molte persone hanno riferito scarsità di informazioni, linee guida insufficienti e poco chiare, confusione sullo scopo della quarantena; tutto ciò è risultato essere fonte di stress. I sintomi di stress post-traumatico sembravano inoltre correlati alla difficoltà percepita nel rispettare le regole imposte durante la quarantena.
Quali conseguenze possono avere questi stressor?
Gli studi presi in considerazione ci suggeriscono una prevalenza di sintomi di disagio e disturbo psicologico per coloro che sono stati posti in quarantena, in particolare:
- Depressione e umore basso
- Fatica
- Irritabilità
- Insonnia
- Sintomi da stress post-traumatico
- Rabbia
- Esaurimento emotivo
- Paura (20%)
- Nervosismo (18%)
- Tristezza (18%)
- Confusione
- Ansia (17%)
- Abuso di alcol e sintomi di dipendenza
Come possiamo interpretare questi dati e come possono esserci utili?
Sicuramente possiamo accettare che, sentirsi a disagio e provare sentimenti negativi durante la quarantena ma anche successivamente, è naturale.
Allo stesso tempo è importante ascoltare ed ascoltarci:
potrebbero esserci alcuni sintomi, come l’ansia, presenti già prima della quarantena, ma esacerbati da essa.
Oppure durante la quarantena potrebbe farsi strada una dipendenza da sostanze.
O ancora, in ragione della situazione che stiamo vivendo, potremmo sperimentare confusione.
Questa situazione di difficoltà può trasformarsi allora in un’opportunità: spinti dall’urgenza del momento possiamo cogliere l’occasione per lavorare su questioni messe a lungo da parte, non abbiamo più le scuse del poco tempo disponibile e di cose più urgenti ed importanti da fare!
Proprio adesso che siamo costretti alla distanza sociale possiamo ritrovare il senso di comunità: tutti insieme stiamo affrontando un momento difficile, contribuendo attivamente alla lotta contro il Coronavirus rimanendo a casa.
Pur rispettando le norme vigenti possiamo mantenere la vicinanza emotiva e affettiva con le persone care, e perché no, anche con coloro che conosciamo appena ma che possono avere bisogno di noi.
Infine, tutto questo tempo a disposizione per stare con noi stessi, per alcuni può essere positivo. Tuttavia, per chi ha poca dimestichezza nell’entrare in contatto con le proprie emozioni, ciò può comportare ulteriori difficoltà.
Anche in questo caso abbiamo l’opportunità di conoscerci meglio e imparare qualcosa di nuovo, grazie al sostegno di un professionista.
Ricordo che molti di noi professionisti stanno lavorando a distanza e che sono stati attivati diversi servizi di consulenza psicologica a distanza!
Come faremo a tornare alla nostra vita?
L’incertezza per il futuro che stiamo vivendo, può essere ricondotta al senso di impotenza che sperimentiamo: ad oggi non possiamo ancora dire di aver ripreso il controllo della situazione.
Il Covid-19 ci mette bruscamente a confronto con la nostra fragilità, imponendoci la disillusione verso una visione del mondo in cui l’uomo possiede il controllo attraverso la tecnologia.
La review identifica due stressor post quarantena, che probabilmente anche noi ci troveremo ad affrontare:
Aspetti finanziari: un problema significato durante la quarantena riguarda le perdite finanziarie, i cui effetti sembrano durare a lungo. Oltre ai gravi problemi socioeconomici dovuti alle perdite finanziarie, gli studi esaminati hanno evidenziato come questi, fossero un fattore di rischio per disturbi psicologici, rabbia ed ansia diversi mesi dopo la fine della quarantena.
Stigma: anche dopo la fine della quarantena ed il contenimento dell’epidemia, è risultato che lo stigma spesso è continuato per qualche tempo. Soprattutto gli operatori sanitari, riportavano maggiori probabilità di essere rifiutati e stigmatizzati. Tale stigmatizzazione andava dall’evitamento al ritiro di inviti sociali, sospetto, paura e commenti critici. Al contempo, sembra che l’educazione sulla malattia, le motivazioni della quarantena e le informazioni sulla salute pubblica, possono ridurre la stigmatizzazione. Per questo i media sembrano avere forte influenza rispetto agli atteggiamenti di stigmatizzazione.
Come possiamo gestire queste conseguenze?
Anche in questo caso la review ci viene in aiuto, definendo alcune misure per mitigare l’effetto negativo della quarantena:
- Mantenere la quarantena il più breve possibile: essendo la durata della quarantena associata agli esiti psicologici, si raccomanda di limitare la durata a ciò che è scientificamente ragionevole. Un altro aspetto significativo è l’importanza, da parte delle autorità, di non imporre una quarantena illimitata e indeterminata nel tempo. Teniamo a mente le date di riferimento che ci vengono comunicate!
- Teniamoci informati in modo efficace: essendo la paura un sentimento riscontrato durante la quarantena, si è visto che esso potrebbe essere esacerbato da informazioni inadeguate. Le informazioni devono provenire da fonti affidabili, occhio alle fake news!
- Ridurre la noia e migliorare la comunicazione: utilizziamo la tecnologia per ridurre l’angoscia derivante dalla noia, utilizziamo i servizi a distanza messi a disposizione e comunichiamo il più possibile con i nostri cari.
- L’altruismo: la maggior parte degli effetti psicologici negativi della quarantena, deriva dall’imposizione della restrizione della libertà. La quarantena volontaria, è invece associata a minore stress e complicanze a lungo termine. Allora è importante che ognuno di noi viva la propria quarantena come una scelta altruistica di attivo contributo al contenimento del Covid-19!
Conoscere questi elementi che vanno a mitigare l’impatto della situazione, può sicuramente esserci utile.
Riflettere sul futuro può aiutarci a reagire alla sensazione di impotenza attraverso una nuova progettualità:
Pensando al futuro possiamo immaginarlo e desiderarlo diverso, potranno esserci dei cambiamenti che finalmente metteremo in atto, poiché stiamo imparando è cogliere l’attimo!
Vivere pienamente il presente ci apre alla conoscenza di ciò che è davvero importante, allo stesso tempo ci permette di accedere ad una nuova zona di crescita:
qui possiamo trovare uno scopo, pensare agli altri cercando nuove modalità di sostenerli, ognuno di noi può mettere il proprio talento a disposizione di chi ne ha bisogno, si possono praticare la calma, la pazienza e la creatività, possiamo sperimentare nuovi modi di adattarci al cambiamento divenendo tutti più flessibili e tenere viva la nostra speranza, offrendola a chi ne ha più bisogno.
Allora vi consiglio uno strumento utile!
Si tratta del diario terapeutico.
Uno strumento efficace per osservare i nostri pensieri, sentimenti e progetti in modo più chiaro.
Fin dall’antichità è nota la funzione catartica della scrittura, in ogni dove è stata utilizzata per liberare emozioni, già i Greci e gli Egizi riconoscevano le funzioni di autorealizzazione e promozione della salute psichica della scrittura.
Quando scriviamo attiviamo entrambi i nostri emisferi cerebrali: l’emisfero sinistro è collegato al ragionamento, ai processi linguistici orali ma anche scritti. Mentre l’emisfero destro è deputato alla creatività, intuizione ed elaborazione delle emozioni.
Quando ci sentiamo ansiosi, non riusciamo a dormire e attraversiamo un momento di blocco o di forte stress, abbiamo un conflitto interno inconscio che cerca di esprimersi per essere risolto.
Così la scrittura ci aiuta a scaricare questa tensione interna, a rilassarci e comunicare il nostro conflitto interno, che in questo modo viene sciolto attraverso una nuova consapevolezza di ciò che pensiamo e sentiamo.
La scrittura ha quindi un effetto de-somatizzante in situazioni stressanti, agevolando l’elaborazione di vissuti stressanti.
La narrazione ci consente di organizzare la nostra esperienza, ricostruire la nostra realtà attribuendole un significato.
Parlando dei noi e della nostra vita ci definiamo, ricomponiamo noi stessi, facciamo emergere diverse parti di noi.
Anche in questo caso non ha senso rimandare, viviamo il presente, cogliamo l’attimo e iniziamo il nostro diario!
BIBLIOGRAFIA
Giusti E., Scassaioli E. & Milani C., (2015). Tecniche per l’autocontenimento, il diario come stumento terapeutico. Editore: Sovera, Roma
K. Brooks, R. K. Webster, L. E. Smith, L. Woodland, S. Wessely, N. Greenberg, G. J. Rubin, (2020). The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence, Lancet; rapid review, 395: 912–20. Department of Psychological Medicine, King’s College London, London, UK