Tornare a lavoro: l’esperienza di chi non si è mai fermato
Siamo arrivati a maggio ed uno dei temi più caldi del momento è sicuramente il lavoro.
L’attenzione è giustamente focalizzata su chi non ha potuto usufruire dello smart working e su chi sta tornando alle proprie attività lavorative tra nuove regole e restrizioni.
Il dibattito tra chi spingeva per le riaperture e chi per la prudenza, oggi inizia a dissollversi. Tuttavia c’è chi non si è mai fermato. Non sto parlando del personale sanitario, che meriterebbe un discorso a parte data la particolarità della situazione.
Piuttosto mi riferisco al personale dei supermercati: si tratta di persone che non erano minimamente preparate ad affrontare tutto questo, ma che ci permettono un giorno dopo l’altro di fare la spesa, un gesto così semplice che durante la quarantena ha subito importanti trasformazioni, rivelandosi tutto tranne che scontato.
Una mia cara amica fa parte di questo gruppo di lavoratori che non si è mai fermato. In questi mesi, attraverso di lei, ho potuto beneficiare di uno scorcio su cosa significhi continuare a recarsi sul posto di lavoro affrontando in prima persona questa pandemia.
Per me, che ho avuto la fortuna di poter rispettare rigorosamente la quarantena, questo scambio è stato importante: uno sguardo sul mondo del lavoro che tutti i giorni si svolge nei tanti supermercati italiani e che coinvolge davvero molti lavoratori.
Da qui nasce l’idea di condividere tale sguardo attraverso la disponibilità di Gloria a rispondere ad alcune domande.
L’obiettivo è dare la possibilità al maggior numero di persone possibile, di guardare la situazione da un diverso punto di vista, mettendo in luce ciò che tanti lavoratori stanno vivendo e che nei numerosi confronti e dibattiti che possiamo seguire attraverso i media tradizionali, troppo poco spesso viene approfondito.
Un’ulteriore spinta alla realizzazione di questa intervista è il ritorno a lavoro di molti di noi: attraverso l’esperienza di chi non si è mai fermato possiamo farci un’idea delle situazioni da affrontare, delle maggiori difficoltà pratiche ed emotive che è possibile incontrare e di come possiamo gestire tutto questo!
Come accennato, la mia amica Gloria lavora in un supermercato con la mansione di addetta alla cassa, ciò significa che di tutto il personale ricopre sicuramente il ruolo più a rischio, data la difficoltà nel mantenere le distanze di sicurezza.
Iniziamo l’intervista!
Gloria ti faccio subito la domanda scomoda 😉, dal tuo punto di vista ti ritieni fortunata ad aver continuato a lavorare in questa situazione o la vivi come una costrizione negativa?
In realtà spesso mi sento ripetere che, di questi tempi, lavorare è una fortuna; sì, lo è senza dubbio, ma è anche molto stressante.
Certo, immagino che la quota di stress sia elevata, nella tua giornata tipo quali sono le situazioni che più ti creano emozioni difficili da gestire?
Solitamente arrivo a lavoro e la prima cosa che faccio è osservare la gente in fila. Continuo a vedere ogni giorno le stesse facce e penso, tra me e me, che non hanno capito niente. Di conseguenza la prima sensazione che provo, appena entro, è rabbia: chi ha la possibilità di stare a casa, protetto e al caldo, non ci sta. Al contrario io, che a casa ci starei volentieri, sono costretta ogni giorno a rischiare di ammalarmi per poter permettere a chicchessia di comprare quel pane fresco ai 5 cereali di cui non si può fare assolutamente a meno, oppure quei 2 kg di lievito necessari a sfamare tutto il quartiere, o ancora quell’etto di prosciutto che fa la differenza tra la vita e la morte. C’est la vie.
Credo che questa tua esperienza sia davvero significativa, soprattutto adesso che ci troviamo in fase di riaperture. Ti ringrazio per metterci a confronto in modo così diretto con il senso di responsabilità di ognuno di noi. Alcune volte tendiamo a pensare solo per noi stessi, ma questo è un lusso che non possiamo più permetterci ed evidentemente uscire quando non è necessario non mette a rischio solo noi stessi ma anche chi come te si reca tutti i giorni a lavoro, per poi tornare a casa dalla propria famiglia.
Immagino che un’altra quota di stress sia dovuta ai cambiamenti a cui ti sei dovuta adattare così rapidamente, quindi com’è cambiata la tua giornata tipo?
Prima che scoppiasse la pandemia, entrando nello spogliatoio, una delle prime cose che facevo era posare la borsa e tirare fuori gli spicci per il sacrosanto caffè, con annessa sigaretta; adesso, invece, la prima cosa che prendo dalla borsa è la mascherina, chiusa in un sacchetto ermetico. Mi cambio, indosso la divisa e vado a lavarmi le mani perché, si sa bene, il virus non conosce regole e le azioni che prima erano di poco conto ora sono diventate le più pericolose. Infilo la mascherina stando ben attenta a non toccare la parte davanti, ma porto gli occhiali, quindi devo sistemarla bene: ancora non mi sono rassegnata al fatto che, in ogni caso, passerò la maggior parte del tempo con gli occhiali appannati!
Comunque, al caffè e alla sigaretta ancora non ho rinunciato e finché posso non rinuncerò mai 😉.
Arriva l’ora di iniziare il turno. Ormai ho imparato ad infilare i guanti senza problemi. I primi giorni facevo fatica, la mano non scorreva all’interno del guanto e tutto mi sembrava così surreale: più ci provavo e più ripetevo a me stessa che era tutto sbagliato.
Sicuramente sono cambiamenti importanti perché riguardano aspetti di vita quotidiana, gesti automatici e scontati, su cui oggi dobbiamo invece riflettere con cautela. Mi colpisce anche la quota di responsabilità di cui tu, ma immagino anche i tuoi colleghi, vi fate carico verso le persone che vengono a fare acquisti. Credo che proprio qui, nel rapporto tra chi lavora e chi usufruisce di un servizio, si esprima maggiormente quel senso di responsabilità personale di cui parlavamo prima. È anche importante come tu, nelle abitudini a cui non rinunci, abbia trovato un modo di reagire a tutto questo, prendendoti il tuo spazio necessario per affrontare la giornata. Il pensiero e la sensazione che sia “tutto sbagliato” credo non sia facile da affrontare, quindi vorrei chiederti delle tue emozioni, dal punto di vista emotivo come hai vissuto e stai vivendo tutto questo?
Se dovessi descrivere in poche parole le sensazioni che ho provato nella prima settimana di crisi, forse le identificherei con ansia e stress. L’ansia è andata scemando col passare del tempo, man mano che mi sono abituata a compiere tutte quelle azioni che prima erano impensabili; lo stress, invece, è rimasto. Per provare a descrivere ciò che si prova, mi viene in mente un episodio: appena presa la patente, mia madre aveva paura a farmi uscire con la macchina perché, diceva, “il problema non sei tu ma gli altri”. Ebbene, ho capito che ai tempi del Coronavirus vale lo stesso principio: lavorare a contatto col pubblico significa accettare il fatto che, qualunque precauzione si possa prendere, il rischio di ammalarsi è comunque elevato, perché ci saranno sempre alcune circostanze che sfuggono al controllo. Purtroppo, infatti, non sempre si riesce a rispettare la giusta distanza tra le persone, la maggior parte di esse ancora continua a non usare, o a usare in modo scorretto, i dispositivi di protezione: c’è chi si leva i guanti prima del tempo, chi si abbassa la mascherina per parlare, chi si lecca il dito per aprire le buste o chi oltrepassa le linee segnate per terra. Alcuni lo fanno di proposito, forse per sfogare una frustrazione derivante dall’isolamento forzato, altri invece sono impauriti, smarriti e stressati esattamente come lo sono io. In ogni caso, convivere con la consapevolezza del rischio non è facile, ma è necessario per non stressarsi ancora di più. In questa giungla di comportamenti scorretti, di menefreghismo e isteria collettiva io cerco sempre di fare il possibile per mantenere i nervi saldi.
Credo che tutto questo possa essere molto utile e di esempio per chi è tornato o sta per tornare a lavoro e si domanda come potrà affrontare la situazione. L’ansia è sicuramente un’emozione in primo piano, lo è stata fino ad ora e in qualche modo oggi lo è ancora di più perchè ci stiamo adattando a convivere con il virus. Ciò che mi preme evidenziare è come la paura e l’ansia siano in realtà emozioni funzionali, attraverso di esse siamo spinti a mettere in atto le misure di sicurezza, a ragionare sui comportamenti più opportuni da adottare e cosa non meno importante, ritengo che incanalare l’ansia e la paura verso comportamenti di attenzione e cautela, comporti due vantaggi: sfruttare in maniera positiva queste emozioni e allo stesso tempo gestirle tramite questa modalità. Lo stress, come hai ben evidenziato, è più stabile e di lunga durata, d’altronde è la situazione in sé stessa a risultare stressante facendoci sentire sotto pressione. Credo che già essere consapevoli che tornare alle proprie attività comporti questo, sia importante per essere preparati e consapevoli. Inoltre, il tema del controllo che hai toccato, ritengo sia un aspetto chiave: questa situazione sfugge inevitabilmente al nostro controllo, come emerge dalle tue impressioni, l’unico modo per affrontare lo stress è proprio quello che stai utilizzando, ossia accettare che anche prendendo tutti gli accorgimenti non possiamo controllare totalmente la situazione. D’altronde non credo vi sia situazione che più di questa ci riporta fortemente al confronto con la nostra fragilità umana. Pensando a chi è appena tornato a lavoro, cosa ti aiuta quotidianamente ad affrontare questa situazione?
Una grandissima fonte di aiuto, per me, è rappresentata dai colleghi. Insieme a loro cerco di ristabilire una quotidianità diversa, fatta di nuovi orari, nuove mansioni, nuovi obblighi, nuove attenzioni che prima non eravamo costretti ad avere. Le mascherine ci coprono la bocca e il naso, ma non riescono a coprire gli occhi: attraverso quelli dei miei colleghi vedo la stessa stanchezza e lo stesso stress che attanaglia me, e questo un po’ mi rincuora. Sul palco ci comportiamo come se fossimo invincibili, ma dietro le quinte siamo messi di fronte alla consapevolezza della nostra fragilità. E così, tra una risata e l’altra, tra momenti di grande fatica e momenti morti, cerchiamo di andare avanti incrociando le nostre vite con quelle degli altri e cercando di gestire il lavoro nel miglior modo possibile 😊.
Ti ringrazio Gloria, credo che l’aiuto derivante dai rapporti umani sia effettivamente un po’ la chiave di volta. Riscopriamo ciò che è davvero importante ed improvvisamente le altre persone risultano essere una fonte di aiuto essenziale. Grazie alla condivisione dei sentimenti positivi di vicinanza, appartenenza e comprensione possiamo trovare il modo di affrontare l’ansia, la paura e lo stress. Ad oggi, qual è per te il momento della giornata più difficile da affrontare e gestire?
Quando arriva l’ora di chiusura. Da quando è entrato in vigore il nuovo orario, la chiusura rappresenta un momento molto caotico: le persone sembrano ridursi tutte all’ultimo momento per fare la spesa, e per questo noi siamo costretti ad accelerare proprio nel momento in cui siamo più stanchi. È un po’ come nella maratona, quando devi dare il massimo proprio nell’ultimo chilometro di corsa: vedi in lontananza il traguardo e improvvisamente ti piomba addosso tutta la stanchezza, ma è lì che devi far appello a tutte le tue risorse per arrivare alla meta. Batto l’ultimo scontrino, sbrigo le ultime pratiche e, finalmente, arriva il momento della giornata che preferisco: quello in cui posso levare definitivamente guanti e mascherina. Le mie mani, il mio naso e la mia bocca possono tornare a respirare.
La metafora della maratona rende benissimo l’idea, fa anche emergere l’importanza di mantenere chiari in mente gli obiettivi. Credo che essere consapevoli di ciò che stiamo facendo ma soprattutto delle motivazioni, possa aiutarci ad andare avanti con determinazione. Mi colpisce anche la tua liberazione alla fine della giornata, finalmente puoi respirare e riconoscerti. Mi viene quindi spontaneo chiederti come i dispositivi di sicurezza ti stanno condizionando?
All’inizio era piuttosto complicato, la mascherina mi provocava un senso di soffocamento, facevo fatica anche a parlare, e spesso avevo un forte mal di testa che mi scoppiava a causa delle fettucce elastiche dietro le orecchie. Ma pian piano mi sono abituata a tutto questo, e ora non sento quasi più nessun fastidio. Certo, sogno ancora il giorno in cui finirà la pandemia e potremo tornare a starnutire liberamente per un pelo nel naso senza che nessuno chiami la SWAT 😊, ma nel frattempo cerco di prendere le cose con più leggerezza, guardando al lato positivo della situazione e ricavandone solo il meglio: sono in salute, sono con la mia famiglia, e… Sono diventata così brava in cucina che dopo la quarantena credo che aprirò un ristorante!
Sicuramente concederci del tempo per abituarci ed assimilare i cambiamenti è fondamentale. La riscoperta di quelle cose semplici della nostra vita che potevamo dare per scontate e che invece oggi sentiamo come fondamentali, credo abbia molti benefici. Uno è sicuramente quello di cui parli ironicamente tu: sognare un futuro fatto di piccole cose semplici ma importanti, magari rivedendo gli obiettivi per cui tanto ci affanniamo scoprendo un desiderio nuovo e diverso, magari messo a lungo da parte perché “tanto c’è tempo”…
Voglio ringraziare la mia amica Gloria per il suo tempo, ma anche per il lavoro che ha continuato a svolgere quotidianamente insieme ai suoi colleghi.
Spero che un punto di vista così diverso da quello di chi ha avuto la possibilità di rimanere a casa, possa essere uno spunto per riflessioni nuove e diverse.
Allo stesso tempo, credo che Gloria con il racconto della sua esperienza, ci abbia dato l’opportunità di corazzarci nell’affrontare la nuova fase di convivenza con il Covid-19, facendo emergere aspetti pratici ed emotivi che non avevamo considerato e dandoci qualche strumento in più per adattarci al cambiamento!